martedì 18 dicembre 2007

RECENSIONE del LIBRO della PORTA ACCANTO: SUSSIDIARIO "PERCHE'?!"

"PERCHE'?!" è un sussidiario indirizzato ai bambini di Terza Elementare.
Vale decisamente la pena consultare questo manuale poichè, a mio parere, è un buon libro di testo per i seguenti motivi:
1. è divertente e coinvolgente, in quanto fa largo uso di disegni, immagini e fumetti colorati e originali.
2. fornisce al bambino molte occasioni per mettersi in gioco e svolgere in prima persona vari esercizi, prendendo spunto da elementi concreti per giungere alla comprensione di concetti astratti.
3. La metodologia adottata da questo libro fa nascere nel bambino la motivazione ad avvicinarsi alla matematica, in quanto fornisce esempi concreti che fanno comprendere l’importanza dei numeri nella nostra vita di tutti i giorni.



Per consultare la relazione da me svolta in modo più approfondito e preciso sul sussidiario sopra descritto, cliccate sul titolo del libro e... buona lettura!!!

lunedì 17 dicembre 2007

I REGOLI

I REGOLI sono uno dei tanti tipi di materiali didattici strutturati che possono essere utilizzati per insegnare la matematica in modo originale e divertente.
Purtroppo non tutti gli insegnanti li adoperano durante le loro lezioni e questo è un vero peccato, perchè essi sono molto utili per insegnare ai bambini concetti di matematica non semplici da capire, in quanto prevalentemente mentali.
Il pregio dei regoli, infatti, è che essi offrono una rappresentazione concreta di concetti astratti e, di conseguenza, complessi per i bambini che si trovano alle prime armi con la matematica.
Con questo strumento è possibile fare giochi divertenti e allo stesso tempo costruttivi che stimolano l'interesse dei bambini e mantengono viva la loro attenzione!

JOHN NASH - Il genio dei numeri

John Forbes Nash Jr. (Bluefield, 13 giugno 1928) è un matematico statunitense. Tra i matematici più brillanti e originali del '900, Nash ha rivoluzionato l'economia con i suoi studi di matematica applicata alla "Teoria dei giochi", vincendo il premio Nobel per l'economia nel 1994.
Ma Nash è anche un geniale e raffinato matematico puro. Ha sempre avuto un'abilità poco comune nell'affrontare i problemi da un'ottica nuova e impensabile per gli altri, trovando soluzioni incredibilmente eleganti a problemi complessi, come quelli legati all'immersione delle varietà algebriche o alle
equazioni differenziali paraboliche.

John Nash ha vissuto per circa trenta anni tra i successi scientifici ed accademici e la malattia mentale. Durante la brillante attività scientifica in istituti universitari prestigiosi (come quello di Princeton) oppure in società come la RAND Corporation, dove insieme a logici, matematici, fisici e ingegneri esperti di teoria dei giochi, lavorò per il governo alle strategie politiche e militari della Guerra fredda.
Dovette convivere con la
schizofrenia che spesso e per lunghi periodi nell'arco di trent'anni ne offuscò la stravaganza e la creatività isolandolo emotivamente dal mondo esterno.
Dopo i periodi di crisi, spesso successivi ai ricoveri in ospedali psichiatrici, Nash tornava a fare
matematica.
Ma pochi mesi dopo la malattia si riacutizzava. Terapie come
elettroshock, camicie di forza chimiche, iniezioni di insulina lo hanno segnato nel fisico, ma oggi Nash è un ultrasettantenne che frequenta ancora l'Istituto a Princeton, studia ancora matematica e sembra guarito dalla malattia.

Arrogante e pieno di sé, eccentrico e attaccabrighe, incapace di rapporti sociali normali, John Nash aveva uno strano modo di comportarsi. Non seguiva i corsi regolarmente, li considerava banali, e consultava pochi libri di matematica. Spesso fischiettava interi pezzi di Bach incurante del disturbo per gli altri.

Melvin Hausner ricorda:
"Era sempre immerso nei propri pensieri. Se ne stava seduto da solo nella sala comune. Capitava facilmente che ti passasse accanto senza vederti. Borbottava sempre fra sé e sé. Sempre fischiettando. Nash pensava sempre. Se era sdraiato su un tavolo, era perché stava pensando. Solo pensando. Potevi vedere che stava pensando".

A Beautiful Mind

Il celebre film
A Beautiful Mind (2001) del regista statunitense Ron Howard, vincitore di quattro Golden Globe e di altrettanti Oscar ("miglior film", "miglior regia", "miglior sceneggiatura non originale" e "miglior attrice non protagonista" a Jennifer Connelly per il ruolo di Alicia Nash) narra, romanzandola ed omettendone alcune parti, la vita incredibile del genio John Nash, interpretato da Russel Crowe.

I fatti narrati dal film sono tratti dalla omonima biografia di
Sylvia Nasar, che racconta la storia di Nash condendola con una miriade di dettagli, raccolti da matematici che lo hanno conosciuto e dallo stesso Nash (il libro è edito in Italia col titolo “Il genio dei numeri - Storia di John Forbes Nash Jr., matematico e folle”).

• Trama
Nel
1949, il ventunenne e talentuoso matematico John Nash entra nella prestigiosa Università di Princeton con una borsa di studio per il dottorato. Refrattario ad instaurare rapporti sociali, Nash ha solo due amici: Charles, il suo compagno di stanza, e le formule matematiche.
Ossessionato dal pensiero di trovare un'idea originale a cui applicare le sue formule, John riesce nel suo obiettivo: in una tesi di dottorato di sole 27 pagine espone geniali intuizioni fondamentali allo sviluppo della "
Teoria dei Giochi", facendo così diventare desuete le teorie economiche di Adam Smith.
Le sue idee gli procurano fama e un importante posto di ricercatore al
MIT di Boston, dove conferma la sua intelligenza matematica.
In piena "
guerra fredda" viene contattato dall'esercito per la sua incredibile capacità di decodificatore. Entra così in contatto con l'"eminenza grigia" William Parcher, oscuro personaggio del governo che lo assolda per una missione top secret. Contemporaneamente John trova anche l'amore di Alicia, una giovane studentessa di fisica, che diventa sua moglie.
La vita di
Nash viene a questo punto sconvolta da una terribile scoperta. Charles, la sua nipotina e lo stesso Parcher sono in realtà solo proiezioni della mente malata di Nash, affetto da una grave forma di schizofrenia.
Vagando come un fantasma tra cliniche e manicomi viene sottoposto a numerose sedute di
shock insulinico e ad una massiccia dose di farmaci.
Grazie all'affetto ed alla vicinanza dei familiari,
Alicia in particolare, e alla sua forza mentale riuscirà ad ignorare le sue allucinazioni, superando incredibilmente la malattia e tornando ad una vita normale.
Rinato,
Nash diventa docente a Princeton, e nel 1994 è insignito del Premio Nobel per l'economia.

• Curiosità
Sin dall'inizio del film sono evidenti, seppur abilmente mascherati, i segnali della follia del protagonista :
- Charles non si presenta agli amici né alla ragazza di John, seppur quest'ultimo continui a parlarne agli altri come se realmente esistesse, da quanto emerge dal dialogo tra Alicia e il dottor Rosen.
- Quando Parcher accompagna per la prima volta John nella "base segreta", il matematico dice : "mi avevan detto che questi capannoni erano abbandonati".
- La nipotina di Charles corre in mezzo a dei piccioni, ma questi non si alzano in volo né si spostano. Segno che la bimba esiste solo nella mente di John.
- Quando Parcher blocca Nash alla porta del suo ufficio ed entra con lui, si può notare lo sguardo perplesso della guardia all'ingresso dell'edificio. Appena poche scene dopo, quello del collega di Nash quando lui chiama Parcher per il corridoio.


Per maggiori approfondimenti su John Nash, leggi la breve ricerca da me svolta su questo genio matematico!!!

mercoledì 12 dicembre 2007

Il GENIO della PORTA ACCANTO

Uno dei punti che il corso di “Matematiche Elementari da un punto di vista superiore” ha richiesto di svolgere, è stato quello di intervistare un genio della porta accanto (ovviamente un genio della matematica!).
Inizialmente non sapevo a chi rivolgermi, ma alla fine ho avuto un’illuminazione e ho subito pensato di intervistare una mia professoressa del liceo, che ancora oggi insegna fisica e matematica in un Liceo Scientifico e in un Liceo Linguistico.
Prima di approdare alle superiori, però, ha insegnato in diversi scuole nella provincia pavese: inizialmente lavorava nella scuola media, dopodiché è passata alla scuola secondaria, insegnando sia in istituti tecnici professionali, sia in Licei.
Individuata la docente a cui sottoporre l’intervista, non mi è restato altro che pensare a cosa chiederle per avere un quadro generale ma abbastanza completo della sua esperienza con la matematica, sia a scuola, sia nella vita di tutti i giorni.


Ecco gli interrogativi che le ho sottoposto e le sue rispettive risposte:

1. “Come si è accorta di avere una particolare passione per la matematica?”
Fin da piccola sono sempre stata attratta dai numeri, dalle forme geometriche e dai fenomeni inerenti alla fisica. Ovviamente era un’attrazione inconsapevole, ma con il tempo ho iniziato a prenderne sempre più coscienza.
Mio padre mi ha raccontato che ai tempi in cui frequentavo le elementari, quando tornavo a casa da scuola gli raccontavo tutto quello che avevo fatto durante l’ora di matematica e per ore non sapevo (e non volevo) parlare d’altro. Allora mio padre mi sottoponeva quei classici “problemini” che per un adulto sono logici, ma che sono capaci di far scervellare i bambini (ad esempio il quesito “Pesa di più un chilo di ferro o un chilo di piume?”). Purtroppo non ricordo tutto della mia infanzia, però ricordo che mi divertivo molto a risolvere tutti quei problemi e quei grattacapi.
Per non parlare di quando accompagnavo mia madre a comprare il pane! Le chiedevo sempre, infatti, di far contare a me i soldi per pagare il conto e l’eventuale resto da ricevere. Mia madre, a volte, specialmente quando aveva fretta, era un po’ seccata da questo mio “vizio”, poiché ero brava a contare, ma non ero ancora veloce nel farlo, perciò le facevo perdere tempo… per fortuna, però, avendo capito la mia piccola passione, mi ha sempre lasciato fare e mi ha aiutata, con il passare del tempo, a mantenere viva questa mia passione.
Penso che sia da queste piccole cose che ho iniziato, pian piano, a rendermi conto che amavo la matematica e tutto ciò che era connesso ad essa. Ed ora, eccomi qua ad insegnare ormai da molti anni!

2. “Tale passione è innata, oppure si è costruita nel corso del tempo?”
Sicuramente, come ti ho accennato prima, in parte è innata, però come ogni talento e ogni passione, va coltivata nel tempo ed arricchita, perché se non lo si fa si rischia di perderla, o meglio, di dimenticarsi di averla, e ciò sarebbe un peccato. Purtroppo capita spesso che molti talenti vadano persi solo perché vengono trascurati, o peggio ancora, non individuati e valorizzati.
Io, per fortuna, ho avuto due genitori in grado di capire questa mia passione; è per tale ragione che sono stati disposti anche a fare molti sacrifici per permettermi di coltivarla e di portarla avanti.

3. “Quale è stato il percorso (sia di studi, sia di vita) che l’ha portata ad insegnare?”
La mia attrazione verso la matematica, riscontrata sia alle elementari sia alle medie, mi ha portato a frequentare il Liceo Scientifico, dopodiché mi sono iscritta alla facoltà di Matematica e, dopo tanta fatica e tanto impegno, ho conseguito la Laurea.
Ho intrapreso la non facile strada dell’insegnamento perché mi sono accorta, durante gli studi alle superiori e all’Università, di essere particolarmente portata a spiegare agli altri ciò che ho imparato; il farlo, inoltre, mi ha sempre dato grande appagamento e soddisfazione. Terminati gli studi ho quindi deciso di intraprendere la carriera scolastica, sperando di riuscire a far amare un po’ di più la matematica anche a coloro che non hanno la mia stessa passione.

4. “Che rapporto ha con i suoi studenti?”
Parlando del rapporto con i miei alunni, posso affermare con gioia che è sempre stato molto aperto e positivo. Certo, non tutti mi vedono di buon occhio (d’altronde sarebbe quasi impossibile, se si pensa all’elevato numero di studenti che ho conosciuto durante la mia carriera scolastica), però nel complesso posso dire che vado “d’amore e d’accordo” con una buona percentuale di studenti.
L’unica cosa per la quale ogni tanto mi sento criticare, è che in certi punti del programma vado un po’ troppo veloce, ma purtroppo (non sempre per mia volontà), ho una scaletta e delle scadenze da rispettare, e questo a volte porta a dover obbligatoriamente accelerare un po’ i tempi per poter star dietro a tutto. In compenso, però, da 5 o 6 anni a questa parte (e tu lo sai bene, dato che sei stata una mia studentessa) ho dato la mia completa disponibilità a chiunque avesse avuto bisogno di ulteriori chiarimenti; infatti, sono riuscita ad ottenere il permesso dal Preside per fermarmi a scuola un paio di pomeriggi a settimana, dopo le lezioni, per fare una sorta di “ripetizione” ai miei studenti più in difficoltà (il tutto, ovviamente, gratis!).
Questa ulteriore opportunità che sono riuscita a dare ai miei alunni ha reso i miei rapporti con loro ancora più sereni e costruttivi.


5. “Il suo metodo di insegnamento è cambiato nel tempo o è sempre rimasto lo stesso?”
All’inizio della mia carriera mi sono trovata un po’ spiazzata. Le prime volte che insegnavo tendevo ad essere molto fredda e rigida. Le mie lezioni erano puramente teoriche e, quindi, decisamente noiose. Ma questi sono errori che di frequente fanno gli insegnanti alle prime armi.
Per fortuna, con il tempo, mi sono ammorbidita e ho iniziato a cambiare costantemente il mio approccio e il mio metodo di insegnamento, imparando a capire gli interessi e le reali capacità dei miei studenti, per poter partire e basarmi su questo per programmare le mie lezioni.
Solitamente, quando spiego dei concetti piuttosto difficili, tendo a fare molti esempi pratici (ovviamente dove si può) e numerosi esercizi, affinché tutti i miei alunni, o per lo meno la maggior parte, capiscano e siano in grado di seguire senza troppe difficoltà la parte successiva del programma.
Quello che voglio far capire, è che è molto importante che un insegnante riveda e rifletta sui propri metodi, perché a volte gli scarsi risultati degli studenti non dipendono dal loro poco impegno o poco studio, bensì dall’inappropriato metodo di insegnamento utilizzato dal docente.
Riconoscere, a volte, di aver sbagliato approccio, non è un’umiliazione per l’insegnante, bensì è segno di grande umiltà e di maturità. E’ un continuo mettersi in gioco.

6. “Quali strumenti utilizza per insegnare la matematica ai ragazzi?”
Generalmente, come base, utilizzo libri di testo e manuali, ma giusto per dare ai ragazzi un punto di riferimento da cui attingere.
In classe, infatti, tendo a far eseguire molti esercizi alla lavagna, cercando di interpellare ogni volta tutti i miei studenti, al fine di creare un clima di collaborazione (ad esempio, se il ragazzo che sta eseguendo l’esercizio alla lavagna sbaglia o è in difficoltà, io chiedo ai suoi compagni di aiutarlo a risolvere il problema e a spiegargli dove ha sbagliato).
Negli ultimi anni ho anche iniziato a far lezione utilizzando il computer; l’utilizzo di questo strumento si è rivelato molto utile per due ragioni: primo, perché ha permesso di svolgere dei compiti che manualmente sarebbero stati molto difficili e decisamente più lunghi da eseguire; secondo, perché ha motivato molto i miei studenti, facendoli avvicinare maggiormente alla materia e stimolando il loro interesse.
Inoltre, da quando ho introdotto nel mio metodo di insegnamento questo nuovo strumento tecnologico, ho riscontrato notevoli miglioramenti nel rendimento di molti miei alunni.

7. “Quali sono stati i problemi emersi più frequentemente nell’insegnamento di questa materia?”
I problemi che ho riscontrato in questi ultimi anni di insegnamento non sono poi tanto diversi da quelli che incontravo all’inizio della mia carriera.
Molti studenti hanno problemi con la matematica non perché siano stupidi, ma semplicemente perché non si applicano e non si esercitano, probabilmente per la mancanza di voglia. Altri, al contrario, si impegnano molto, ma pur mettendocela tutta, fanno fatica a capire. Per altri ancora, invece, si tratta semplicemente di problemi di attenzione, cioè non capiscono ciò che spiego per il semplice fatto che mentre faccio lezione questi ragazzi pensano ad altro o chiacchierano con il compagno.
Insomma, salvo gli studenti che presentano seri deficit di apprendimento, per gli altri alunni i problemi che incontrano con la mia materia sono plurimi e derivano da un’infinità di fattori diversi.
Quello che posso fare io è tentare di coinvolgere il più possibile gli studenti che si mostrano meno interessati e cercare di aiutare gli alunni che hanno davvero difficoltà a capire, nonostante il loro impegno.

8. “Pensa che l’astio di molti giovani verso la matematica sia dovuto a metodi di insegnamento inappropriati, oppure subentrano altri fattori?”
Come ho precedentemente accennato, spesso il metodo utilizzato dall’insegnante è un fattore fondamentale per la riuscita e il coinvolgimenti dei propri alunni. Ovviamente, il metodo che si rivela efficace con alcuni studenti, può non esserlo per altri.
La più grossa difficoltà per un insegnante sta proprio in questa ambivalenza. Purtroppo al giorno d’oggi il numero di alunni per ogni classe è molto elevato, pertanto è quasi impossibile riuscire ad adoperare un metodo che vada bene per tutti.
Quello che si può fare, nel caso in cui non sia possibile individualizzare il lavoro, è offrire assistenza e aiuto a tutti gli studenti che ne hanno bisogno.
Non penso, tuttavia, che il metodo di insegnamento sia l’unico fattore che influenzi l’interesse per la matematica. Su di esso, infatti, potrebbero influire anche la famiglia, le passioni personali, la motivazione, l’utilità che ognuno di noi attribuisce a questa materia, la simpatia/antipatia per il professore.
Insomma, ci possono essere svariati motivi per cui ad una persona non piace la matematica, però resto comunque dell’opinione che uno dei fattori più influenti sia la metodologia utilizzata dall’insegnante.

9. “La sua passione e il suo interesse per la matematica hanno mai vacillato?”
Non in particolar modo. Ovviamente, quando incontri degli ostacoli, rischi di perderti d’animo e di avere dei ripensamenti sulle scelte fatte o sulle passioni coltivate, ma non bisogna lasciarsi intimorire dalle sfide che la vita ci pone. Se tali sfide si affrontano, una volta superate ti senti più forte e realizzato di prima. Anch’io ho avuto dei momenti neri, in particolar modo all’inizio dell’Università e durante i miei primi anni di lavoro, ma ho sempre cercato di superare le difficoltà che mi si ponevano davanti. Il fatto che per me la matematica sia una vera e profonda passione, mi ha aiutato molto a superare gli ostacoli e ad andare avanti.

10. “Per concludere, potrebbe elencarmi alcuni termini chiave che descrivono, anche se solo in piccola parte, cos’è per lei la matematica?”
Trovo molto difficile racchiudere in pochi termini tutto ciò che per me è la matematica, poiché essa ha significato molto nella mia vita.
So che è un po’ generico, ma per rispondere sinceramente alla domanda “Cos’è per me la matematica”, mi viene in mente una sola risposta che ne racchiude molte altre, ma che tra tutte è la più significativa: per me la matematica è la mia vita.



NOI e la MATEMATICA

Per accorgerci di quanto la matematica sia costantemente presente nella nostra vita quotidiana, basta guardarsi intorno. Nelle esperienze e nei fatti di tutti i giorni, infatti, incontriamo un’infinità di numeri o di concetti matematici. Anche io, per un giorno, ho voluto provare a concentrarmi su questo aspetto della mia vita, ossia su quanti e quali numeri incontro in una mia giornata ordinaria.Purtroppo le occorrenze numeriche che ho individuato sono state talmente tante che mi è stato impossibile riportarle tutte per iscritto, ma sono comunque riuscita ad annotarmi quelle più importanti:
·5,50: orario della prima sveglia
·5,55: orario della seconda sveglia
·6,00: orario della terza (e per fortuna ultima) sveglia
·30: i secondi che il microonde impiega a scongelare il panino che, ovviamente, misono dimenticata di tirare fuori dal freezer la sera prima
·3: le fette di prosciutto crudo che metto nel panino appena scongelato
·10: le caramelle che mi metto in tasca prima di uscire di casa (per colmare glieventuali e frequenti attacchi di “voglia di qualcosa di dolce”)
·6,45: orario di uscita di casa
·10: i minuti che impiego per raggiungere la stazione
·12,50: gli euro spesi per l’abbonamento settimanale del treno
·7,03: orario del treno diretto a Milano
·20: i minuti di ritardo che il treno porta solitamente
·45: i minuti che impiego per arrivare a Milano
·15,5: le pagine di un libro sul bullismo che ho letto sul treno
·2: i biglietti della metro che compro la mattina
·2: gli euro spesi per i biglietti della metro
·8,30: orario di inizio delle lezioni
·2: i fogli che, in media, utilizzo per ogni ora di lezione
·7: le ore di lezione della giornata
·3506857: il numero della mia matricola dell’Università
·18,00: orario del treno per tornare a casa
·4: gli amici che ho incontrato sul treno
·2: le volte che ho dovuto telefonare a mia madre perché si è dimenticata di venirmia prendere alla stazione
·20: i minuti che ho dovuto aspettare prima che mia madre arrivasse
·5: i minuti a disposizione (dato il ritardo con cui sono arrivata a casa) percambiarmi e prepararmi il borsone per andare agli allenamenti di pallavolo
·9: le compagne di quadra presenti agli allenamenti
·2: le ore di allenamento
·8: gli esercizi di pallavolo svolti
·132: i punti totali effettuati durante la partita di pallavolo
·50: le flessioni di punizione che ha dovuto fare la squadra che ha perso
·25: gli euro che ho dovuto pagare per l’utilizzo mensile della palestra
·15: i minuti impiegati per fare la doccia· 10,00 : orario di rientro a casa
·2: i piatti di pasta che ho mangiato per cena
·112: il canale di “Sky” su cui mi sono sintonizzata dopo cena
·2: gli episodi di “C.S.I.” visti in tv
·01,15: ora in cui ho deciso di andare a dormire
Questi sono solo alcuni dei numeri che ho incontrato durante la giornata. Avrei potuto segnarne molti altri, ma per scriverli tutti mi sarebbe servito il triplo dello spazio.
Comunque posso dire che è stato divertente individuare tutte le occorrenze numeriche della giornata… è una cosa che non avevo mai fatto prima, ma dopo questa esperienza sono sicura che noterò più spesso i numeri che mi si presentano durante la vita di tutti i giorni.
E’ incredibile quanto sia sterminata la quantità di numeri che tutti noi incontriamo normalmente durante la nostra vita; la cosa buffa è che neanche ce ne rendiamo conto, perché spesso tendiamo a dare per scontate tante cose, tra cui, appunto, anche questa.
Questo piccolo esercizio, però, è utile per rendersi conto di quanto la matematica sia una parte importante e preponderante della nostra vita, un qualcosa che è sempre esistito e con il quale gli uomini avranno sempre a che fare.
Pertanto, per apprezzare il valore di tale disciplina, non è necessario essere dei geni matematici e avere per forza una passione innata, poiché tutti abbiamo a che fare con i numeri fin dalla nostra nascita; sono sicura che perfino coloro che odiano la matematica più di ogni altra cosa ne sentirebbero la mancanza se questa venisse (ipoteticamente) a mancare!
Il mondo è intriso di concetti matematici; non esiste campo o settore che non utilizzi cifre e misure per esprimere degli eventi o dei concetti. Tutti noi, nella nostra vita quotidiana, avremo sempre a che fare con la matematica e con tutto ciò che ad essa è legato.
E’ innegabile, ormai, il fatto che i numeri e i concetti matematici siano un elemento molto importante nella nostra vita di tutti i giorni. Questo è dimostrato dalle infinite occorrenze numeriche che si incontrano in una classica giornata ordinaria, ma non solo! Per capire quanto i numeri siano fondamentali in ogni campo e settore della nostra vita, basta provare a leggere alcuni articoli di quotidiano, e subito ci si renderà conto che senza cifre, misure o quantità molte cose non potrebbero essere dette!!!
Insomma, la matematica fa pienamente parte della nostra esistenza, e per dimostrarlo ho deciso di analizzare alcuni
articoli di giornale che trattano tematiche e aree differenti, per far capire come non esista un settore della nostra vita che non abbia a che fare con i numeri!
Per rendere più evidente l’elevata presenza di numeri e concetti matematici all’interno degli articoli, ho evidenziato tutte le occorrenze numeriche presenti nei brani proposti.

IO e la MATEMATICA

Il corso di matematica affrontato durante l’anno mi ha dato l’opportunità di riflettere più a fondo sull’importanza di questa disciplina nella vita di tutti i giorni e sul mio rapporto con essa. Ecco, perciò, la storia del mio rapporto con la matematica, dall'infanzia fino ad oggi.
Fin da piccola, ho sempre avuto la passione per le materie scientifiche, tra cui anche la matematica. Con il passare del tempo, l’amore per la scienza, la biologia e la chimica è rimasto (se non addirittura aumentato), mentre quello per la matematica si è sempre più affievolito fino a scomparire del tutto… anzi, in certe occasioni si è addirittura trasformato in odio!Il primo approccio con questa materia è stato piacevole e coinvolgente, anche perché alle elementari ho avuto la fortuna di trovare insegnanti molto preparati e competenti che hanno saputo farmi apprezzare anche le materie più difficili e temute.Ricordo ancora che la mia maestra ci faceva usare sempre i regoli per fare i calcoli e per farci capire il concetto di unità e di decina. Questa era per me un’attività molto divertente e, allo stesso tempo, decisamente utile.Dopo averci insegnato i concetti di base, la mia insegnante passò a spiegarci le varie operazioni aritmetiche, utilizzando come supporto non solo l’indimenticabile sussidiario, ma anche strumenti concreti (anche in questo caso ci faceva “giocare” con i regoli). La parte che ricordo con meno piacere, è quella in cui ci interrogava ogni giorno sulle tabelline… per noi alunni non era affatto divertente questa sua “abitudine”, però devo riconoscere che con il tempo si è rivelata molto costruttiva.Insomma, tutto sommato le mie prime esperienze con la matematica non sono state poi così traumatiche, anzi, devo ammettere che sono state addirittura divertenti.Ma era tutto troppo bello per essere vero!!!I primi problemi con la matematica sono comparsi alle medie, nonostante la bravura ma, soprattutto, la pazienza del mio professore, che invano ha tentato di salvare me e i miei compagni dall’oblio in cui stavamo sprofondando… Insomma, quando il livello delle conoscenze e delle competenze richieste in questo campo si è alzato, ho avuto sempre più difficoltà a capire e memorizzare tutte le nozioni di questa materia, tanto che il professore ci faceva stare a scuola un pomeriggio alla settimana solo per farci svolgere delle “mini-verifiche” (problemi, equazioni e operazioni varie) sulla parte di programma spiegata fino a quel momento.Alla fine, comunque, con tanta fatica e tanto impegno, alle medie sono sempre riuscita a cavarmela.Per quanto riguarda le superiori, invece, durante i cinque anni ho avuto diversi alti e bassi, probabilmente dovuti anche ai frequenti cambi di professore.Ricordo che in prima liceo avevo una docente molto brava e paziente, sempre disponibile a rispiegarti dei concetti nel caso non li avessi capiti. Con lei andavo molto bene, anche perché aveva un metodo di lavoro molto efficace; dico efficace perché riusciva a rendermi comprensibili i vari concetti matematici che ci spiegava (missione decisamente ardua, considerando le mie enormi lacune a riguardo).Ma anche questa volta (notare la mia “fortuna”) le cose non durarono a lungo.In seconda superiore, infatti, ci cambiarono docente, e a insegnarci matematica arrivò una professoressa molto severa ed esigente (la chiamavano tutti Hitler!), che però sapeva fare il suo mestiere. Anche con lei, infatti, avevo dei buoni risultati e riuscivo a capire una buona parte delle cose che spiegava a lezione; quindi, tutto sommato, nonostante i metodi più rigidi, non andavo poi così male. Questo, però, per quanto riguarda i risultati. Se devo parlare del mio umore e del mio stato d’animo ogni volta che entrava in classe, allora le cose cambiano… Per quanto, infatti, avesse dei metodi chiari ed efficaci, era così severa e “bacchettona”, che mi metteva sempre ansia e agitazione (le quali arrivavano all’apice durante le intererogazioni!). Penso, perciò, che il mio astio verso la matematica sia nato in quel periodo.In terza superiore, come se non bastasse, cambiai nuovamente professore; questa volta, però, la nuova docente seguì la mia classe fino alla quinta (e quindi, era presente anche all’esame di stato). Con lei la situazione si rovesciò rispetto all’anno precedente. Questa insegnante, infatti, era un po’ severa (quel che bastava per tenere a bada una classe di scatenati come la mia), però era allo stesso tempo molto gentile e disponibile. In classe riusciva a creare un clima sereno e tranquillo, totalmente diverso da quello che si instaurava con la precedente insegnante.Purtroppo, però, non sempre è tutto oro quel che luccica… infatti, con mio grande dispiacere, dopo qualche lezione mi resi conto che non capivo niente di quello che spiegava!!! Non ho mai compreso davvero il perché, ma tutto ad un tratto ero diventata una vera somara! Insomma, piano piano ho incominciato a perdere colpi e a capire sempre meno, e dato che nel programma di matematica degli anni seguenti, se non avevi capito le cose fatte in precedenza non riuscivi a capire i nuovi concetti, sono rimasta sempre più indietro… per fortuna, nonostante le numerose insufficienze e le continue delusioni, sono riuscita a cavarmela lo stesso.Non dico che l’esperienza degli ultimi anni di scuola mi abbia traumatizzata (ci vuole ben altro!), però ha decisamente deteriorato il mio rapporto con la matematica. Probabilmente è per questo motivo che quando ho letto che nel piano di studi dell’Università erano compresi degli esami di matematica, un po’ mi è venuto un nodo allo stomaco, però, per fortuna, il modo in cui è stato costruito questo corso mi ha tranquillizzata e mi ha fatto riavvicinare a questa materia tanto difficile, ma anche molto bella ed affascinante.